Se penso al mio percorso professionale, mi vengono in mente due parole: rigore e dialogo. La prima parola si riferisce al mondo della traduzione, che ho vissuto da studentessa, docente universitaria e traduttrice. Mi sono laureata presso la SSLIMIT di Forlì con una tesi in traduzione letteraria grazie alla quale, in seguito, ho lavorato per l’editoria. Ho poi spaziato molto, traducendo in svariati ambiti specializzati. La docenza universitaria presso la Scuola per Mediatori Linguistici di Ancona è stata un’esperienza indimenticabile perché mi ha permesso di condividere con studenti adulti tutto ciò che avevo appreso e vissuto a Forlì. La seconda parola riguarda l’ambiente scolastico, nel quale lavoro come docente di lingua e cultura spagnola. Credo che il dialogo stia alla base dell’azione didattica poiché senza di questo non c’è collaborazione tra studenti e docenti, condivisione, rispetto, arricchimento reciproco. Adoro il mio lavoro. Lo considero una vera e propria missione e lo svolgo con dedizione e slancio. Ho sempre optato per una didattica concreta, che vada oltre la trasmissione nozionistica, meccanica e improduttiva, e si basi, invece, sull’uso reale della lingua e sulla riflessione linguistica. Credo che alla base dell’insegnamento ci sia la formazione continua e, in questo senso, sento la necessità di aprirmi a nuovi orizzonti, accettare nuove sfide e mettermi in gioco. Anche l’aggiornamento riveste un ruolo imprescindibile e, su questo fronte, sento il bisogno di mantenere vivo ciò che già conosco attraverso la lettura, il cinema, la musica, i media, le tecnologie e i viaggi. Viaggiare è, in assoluto, l’esperienza più formativa poiché permette di praticare la lingua straniera e immergersi nella cultura del paese. La cosa che più desidero è far vedere a mio figlio Gabriele tutti i luoghi che ho visitato, sia in Europa che in America, poiché credo profondamente in un’educazione interculturale.