Nella Scuola ci sono giorni che lasciano un segno particolare. Non tanto per quello che si vede, ma per ciò che si sente. Per quella vibrazione che rimane sospesa nell’aria e che non svanisce con il passare del tempo.
Nell’ambito delle azioni finalizzate alla promozione della pace, ll’IIS Savoia Benincasa di Ancona ha ospitato, in questo mese di ottobre, l’iniziativa promossa dalla Presidenza del Consiglio Comunale dorico, guidata dal Presidente Simone Pizzi, “Adotta un popolo”, attraverso cui il Comune di Ancona ha scelto di sostenere la partecipazione di un rappresentante del popolo guatemalteco all’VIII Assemblea dell’ONU dei Popoli, che si è svolta a Perugia dal 9 all’11 ottobre, con conclusione nella Marcia per la Pace Perugia–Assisi.
Una mattinata intesa, dai contenuti forti che, lentamente, hanno riempito la sala di ascolto.
Sul volto dei ragazzi – circa 130 di alcune classi del biennio – si leggeva la curiosità, quella vera, quella che precede l’incontro con qualcosa di più grande.
Al centro, la storia di Luisa Patzanm, una giovane donna del Guatemala che porta negli occhi la forza del riscatto e la dolcezza di chi ha attraversato la notte senza smettere di credere nell’alba. La sua vicenda – nata nel villaggio di La Granadilla, tra povertà e pericoli, segnata dal lavoro precoce nella produzione artigianale di fuochi d’artificio – è diventata la storia di tutti, per un momento.
Raccontando, Luisa non ha cercato pietà. Ha offerto gratitudine. Ha parlato di mani bruciate, di fatica, di sogni interrotti e poi ricuciti grazie alla vicinanza di chi, a migliaia di chilometri, ha creduto nella possibilità di un futuro diverso.
Quel futuro si chiama “Sulla Strada”, l’associazione fondata e guidata da Carlo Sansonetti, presente all’incontro: da venticinque anni un filo teso d’amore tra l’Italia e il Guatemala, tra chi può dare e chi ha quasi dimenticato cosa significhi sperare.
«Cerchiamo – ha ricordato Sansonetti – di restituire un po’ di luce a chi la luce l’ha perduta troppo presto, a quei bambini costretti a maneggiare esplosivi invece che sogni. Non cambieremo il mondo, ma possiamo cambiare un destino alla volta».
Parole semplici, eppure così dense da restare a lungo sospese nel silenzio dell’aula magna.
A salutare i presenti, anche la professoressa Silvia Marilungo, collaboratrice della Dirigente Scolastica, che ha portato ai ragazzi e agli ospiti il pensiero della Prof.ssa Maria Alessandra Bertini:
«È un onore grande che la nostra scuola sia stata scelta per un momento come questo, in cui la pace non è solo tema di riflessione ma urgenza vitale – ha detto tra l’altro. Viviamo in un tempo in cui il rumore delle armi copre la voce dell’uomo. Eppure, ogni volta che un ragazzo ascolta una storia come quella di Luisa, qualcosa cambia. Perché la pace non si insegna, si trasmette. È un gesto, uno sguardo, un’attenzione che diventa scelta di vita. Educare alla pace significa insegnare a riconoscere nell’altro un volto, non un nemico».
Parole che hanno trovato eco nel silenzio rispettoso e profondo dei ragazzi, più volte interrotto solo dagli applausi. Applausi veri, spontanei, quelli che nascono dal cuore e non dalla convenzione.
A concludere la mattinata è stata la Dott.ssa Silvia Fattorini, consigliera comunale e presidente della Commissione della Pubblica Istruzione, che ha invitato gli studenti a riflettere sulla loro condizione privilegiata, «un dono che non va mai dato per scontato, ma che va riconosciuto come responsabilità verso chi non ha avuto la stessa fortuna».
È stata una mattina intensa, che ha riempito l’aula di luce e di domande. I ragazzi hanno rivolto a Luisa e agli ospiti decine di curiosità, con la sincerità disarmante di chi non vuole solo capire, ma partecipare.
In quelle domande, nel calore degli sguardi, nella commozione trattenuta degli adulti, la pace ha smesso di essere parola per tornare gesto, esperienza, promessa.
Forse è da momenti come questo che si ricomincia a costruire il futuro: da una storia lontana che parla a cuori vicini, da una scuola che sa farsi casa del mondo, da un applauso che non celebra, ma ringrazia. (p.s.)


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